martedì 21 novembre 2017

Chi è Giuseppe Marchetti?

I ragazzi della 3C della Scuola Secondaria 1 Grado "Giuseppe Marchetti" di Campoformido hanno svolto una ricerca su

GIUSEPPE MARCHETTI

un friulano studioso della sua terra



PREFAZIONE

Abbiamo scelto di ricercare informazioni su Giuseppe Marchetti perché ci ha incuriosito il fatto che la nostra Scuola fosse intitolata ad questo personaggio a noi sconosciuto. Visto che non siamo riusciti a trovare informazioni esaurienti su internet, abbiamo deciso di esaminare altre fonti.
Ricorrendo al prestito interbibliotecario, tra la biblioteca di Campoformido e di Tarcento, abbiamo ricavato molte informazioni da diversi libri, sia scritti da lui che su di lui.
Inizialmente ci siamo divisi a coppie, ognuna delle quali ha analizzato una fonte riassumendola brevemente.
Successivamente abbiamo creato gruppi di lavoro per suddividere le nostre ricerche in tre categorie: la vita, le opere (libri, lettere…) e il valore (importanza dei suoi lavori).
Al fine di comprendere la lingua e il pensiero di Marchetti, abbiamo selezionato alcuni brani in friulano presenti nel testo “Letaris ai furlans”. Siccome nessuno di noi conosce bene la lingua friulana, per la traduzione siamo ricorsi al prezioso aiuto della sig.ra Paola (bidella) e di due genitori (il papà di Veronica e la mamma di Michael) che ringraziamo di cuore.
Classe 3^C


BIOGRAFIA

Giuseppe Marchetti nacque il 23 Luglio 1902 a Gemona.
A 12 anni entrò nel seminario diocesano dove frequentò le scuole Ginnasiali e Liceali, dopo un breve periodo di servizio militare a Fiume (Croazia).
Nel 1925 fu ordinato sacerdote, frequentò l’Università cattolica di Milano; nel 1935 conseguì la laurea in Lettere, discutendo un’apprezzata tesi sul “Volgare Friulano nei codici di Gemona nel Trecento”.
Nello stesso anno si arruolò come cappellano militare dei granatieri di Sardegna, che seguì durante tutta la guerra d’Abissina.
Nel 1937 riprese l’insegnamento in Friuli.
A Tolmezzo, successivamente, vinse il concorso Statale per l’insegnamento delle Lettere italiane e latine quindi, nel 1939, fu definitivamente trasferito a Udine nell’Istituto Magistrale Caterina Percoto.
Nel 1944 fu mandato al confino politico a Bobbio.
Nel 1947 fu nominato socio dell’Accademia di Udine e, nel 1959, membro della Deputazione di Storia Patria per il Friuli.
Nel 1965 la Società filologica Friulana gli assegnò la medaglia d’oro.
L’8 maggio 1966 morì a causa di un male incurabile.


OPERE

Giuseppe Marchetti scrisse diverse opere che parlano del Friuli utilizzando sia il friulano che l’italiano.
Nel testo “Friuli uomini e tempi”, pubblicato nel 1959, riportò le biografie di molti importanti personaggi che vissero proprio in Friuli.
Nel primo volume narrò le biografie di uomini e donne che hanno lasciato la loro traccia culturale dall’età romana all’età veneziana. Uno dei personaggi descritti è Paolo Diacono, autore della Historia Langobardorum.
Nel secondo volume presentò le vite di uomini e donne che hanno lasciato la loro impronta culturale nell’età del Risorgimento. Uno dei personaggi descritti è Caterina Percoto.
Marchetti scrisse anche il testo “Le chiesette votive del Friuli”. Nell’indice l'autore suddivide le costruzioni in base alla loro locazione; vi è presente anche la cartina delle aree ecclesiastico-culturali del Friuli, controllate dalle diverse diocesi.
Ogni chiesetta è corredata da una didascalia e un’ immagine (disegno); prima di descrivere l’edificio sacro viene presentata la strutturata della Provincia.
Alla fine si trovano gli indici analitici con le biografie degli artisti che hanno ideato le chiesette.
Da notare che l’introduzione al testo è scritta in friulano: questo significa che Marchetti voleva tutelare la lingua locale anche attraverso il suo uso nello scrittura.
Le aree in cui sono posizionate le diocesi sono: la slavia friulana, Carnia, del canale e del Friuli prealpino, Friuli collinare, Udine e dintorni, oltre Torre, bassa friulana, medio e basso Friuli tilaventino, Friuli Goriziano, alto e basso Friuli concordiese.

Elenco delle chiesette votive che ci sono nei dintorni di Udine:
-Basaldella (San Sebastiano)
-Basiliano (San Marco)
-Carpeneto (Sant’Antonio Abate/San Michele)
-Cavallicco (San Leonardo)
-Cjasonsons (San Martino)
-Colloredo di prato (Madonna dei Roveri/Santa Cosma e San Damiano)
-Fontanabuona (San Filippo e San Giacomo)
-Godia (San Bernardo)
-Lauzacco (San Francesco e San Domenico)
-Nespoledo (Sant’Antonio Abate)
-Orgnano (San Pietro)
-Pagnacco (San Floriano)
-Pasian di Prato (Santa Caterina)
-Plaino (Madonna di Tavella)
-Pozzuolo (Madonna della Salute/Santissima Trinità)
-Risano (Santissima Trinità)
-Tomba di Mereto


IL SUO VALORE

Lo storico

All’azione di Marchetti si assegna un ruolo determinante nell’evoluzione dei contenuti e dei metodi che hanno caratterizzato la ricerca della cultura storica locale dalla metà del secolo in poi.

Il linguista

Giuseppe Marchetti aveva posto le basi per far riconoscere il friulano come una lingua, che poteva essere utilizzata per il giornalismo e la storia dell’arte.
Tra alcuni suoi saggi linguistici meritano attenzione quelli dedicati alla grafia dei primi testi in volgare in friulano. Egli è stato anche un grande punto di riferimento per i friulanisti e gli studiosi della lingua friuliana.

Il letterato

l’azione di Marchetti è stata determinante per il sorgere e l’affermarsi di una nuova poesia friulana.

Lo studioso d’arte

Giuseppe Marchetti è stato il primo studioso ad impostare i problemi della storia dell’arte friulana leggendola e interpretandola come nessun altro in termini moderni, cogliendone gli aspetti più profondi, fortemente ancorati al tessuto culturale, sociale e religioso del Friuli.


Giuseppe Marchetti, grazie alle sue ricerche, ha favorito lo sviluppo sugli studi dell’arte friulana e la salvaguardia del patrimonio artistico dell’intera regione.
Nessuno, fino a quel momento, si era dedicato alle opere del periodo romanico-gotico (Medioevo), a chiesette votive/parrocchiali, a monumenti tipici, o alle sculture in legno del Rinascimento.

Si possono trovare delle immagini qui:


Lettere


Rudy, caro mio, ti ringrazio molto che ti sei ricordato di me invitandomi nel viaggio in Liguria con la compagnia di tuo fratello, ma non me la sento di venire. Prima di tutto da quelle parti sono già stato e se avrò ancora tempo, può essere che mi venga la voglia di tornare un giorno o l’altro. E poi …niente; è meglio che te lo dica sinceramente, fuori dai denti: con te non vengo più in giro. Non offenderti, ma abbiamo caratteri così differenti che non è bello stare insieme. L’ho capito l’altro giorno che eravamo tutti e due alla sagra di Feistritz nel Gaital che mi hai fatto macinare tanta di quella rabbia, ti avrei stordito con una sberla. Ti ricordi, forse era la giornata più bella che Dio ci abbia mandato da qualche secolo in qua. Aveva piovuto forte tutta la notte e all’improvviso verso sera non c’era più neanche una nuvola. Il sole sorgeva sulla terra friulana cosi fresca, così pulita, così limpida che neanche il giorno dopo la creazione poteva essere più nuova e più bella. Stavo diventando matto di gioia nel godere di uno spettacolo simile dal finestrino del treno e tu affaticato ti eri perso dietro a quella scostumata di Trieste che, tra le natiche e striduli, riempiva da sola il vagone. E poi non capisci che una sfacciata di quel genere la trovi quando vuoi e dove vuoi a poco prezzo, ma una meraviglia uguale a quella che vedevamo fuori in quel momento non la vedrai più in vita tua.

Nella vallata che sembra di solito così selvaggia e umida, le cascatelle di acqua, gli scorci di sole, le cime delle montagne nitide dalla pioggia, ancora imbiancate dalla neve andavano al di là di ogni immaginazione.
Ma tu non hai guardato niente, hai guardato solo il seno spropositato di quella donnaccia.
E quando siamo arrivati al di là del confine, ti sei messo a fare il mattacchione con la gente del paese. Ma dico io , che follia! Ma sai cosa ti ha detto la biondina a cui hai tirato la treccia in piazza a Notsch? Tra i denti deve aver detto, io non ho capito bene se “ungezogen” o “unerzogen”, che significherebbe zotico o maleducato, ora scegli tu, e ti va di lusso sia una che l’altra. Ma tu non sai il tedesco e sei andato avanti senza scomporti.
Bello vederti con quella nuca grassa di maiale che hai. Senti un po’, io e te non saremo vecchi ma neanche giovani e può succedere che le ragazzine, anche quelle di là, gradiscano di più i complimenti dei loro sbarbatelli che hanno addosso qualche primavera di meno. Capisci? Dopo, intanto che facevano il “kufenstechen” e le loro danze sotto il tiglio, tu ti sganasciavi dalle risate - Che buffi che sono! Che arretrati che sono!- Poi si sa; a emanciparsi in fretta erano quei quattro “merli” nostrani che ci hanno deliziato con i loro discorsi di alta politica sul treno da Tarvisio a Udine, vero?
No, no, Rudy; anche se abbiamo dovuto mangiare, nei tre anni di servizio militare, nello stesso posto, noi due non siamo fatti per stare insieme. Vai per conto tuo e divertiti a modo tuo.
Ciao bello!




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AD UNA FANCIULLA BIONDA
Signora,
mi scusi se le scrivo, così su un foglio. Io non la conosco, non so come si chiama, non so dove abita e non so niente ma proprio niente di lei. Ho solo visto da dietro, sopra lo schienale di

una sedia del treno i suoi capelli biondi. E io ho sentito una voce come un cinguettio di un usignolo che girava allegra e canterina intanto che il vapore correva sui campi vestiti di primavera. E di tutto quel viaggio mi è rimasto dentro solo la gioia negli occhi di quello spettacolo della mia terra in fiore e la musica allegra della sua voce che mi parlava dietro ad un passo delle mie orecchie. Parlava in friulano.
Questa nostra lingua sarà difficile, se viene fuori dalla bocca di uno sciocco contadino che la butta fuori con disprezzo; sarà squarcia sulla bocca di un bambino che la alterna a bestemmie; sarà fastidiosa se la parla una signora pettegola; sarà ridicola come la trasformano quelli sciocchi che l'hanno dimenticata; ma come l'ho sentita io a tintinnare ridendo brillante come una pioggia d'argento, sulle sue labbra, e non c'era nessun'altra che le assomigliasse.
C'era tanta gente in quel scompartimento: ragazzi che tornavano da scuola urlando con un italiano da ladroni; uomini d'affari che parlavano in una malelingua più mescolata che si possa sentire al mercato; signori e spose che spettegolavano delle loro cose in triestino e slavo.
Una confusione di questa povera umanità che si tiene malpagata nel suo essere. Ma io non sentivo altro che la sua voce soave che mi cantava dietro le spalle.
Ho capito dal suo discorso che deve essere stata a scuola e viaggiato per il mondo, conosciuto, letto e visto molto altro. Ma non mi interessava neanche tanto quello che diceva: ero incantato solo a sentire come le venivano in bocca certe parole giuste, scelte, elaborate che con un filo di voce le teneva legate e le metteva al posto giusto nel discorso come un fiocco di seta.
Era in mezzo a quella confusione di voci non autentiche e mal messe, come sentire un filo d'aria in una cappa di aria viziata, come vedere una fonte di ruscello vicino ad un mucchio di immondizie,come un raggio di sole di sole nel mezzo di un temporale o una stellina d'argento in una notte nera. C'era una voce di semplicità, di schiettezza, di modestia e di verità in una nuvola di artificio, di stupidità, di finte, di goffaggini, di maniere studiate e false; un po' di padronanza e di personalità nella grettezza soffocante del suo carattere e di meschinità; una vena di sangue civile in un sacco di fango!
E quando è scesa, la signora, io non mi sono girato a guardarla, per paura di qualcos'altro che rompesse il mio incanto; ma sono rimasto lì, in quell'inferno, come uno che, a mezzogiorno, perdesse la luce degli occhi. Che mi perdoni se scrivendo, mi sono fatto prendere dall'entusiasmo
un po' a lodarla: non mi capita spesso!
Lei se lo merita.




                                           

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